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Dalla Serie A alla Champions League: è un’Inter double face

L’Inter si trasforma nel passare dalla Serie A alla Champions League

La partita contro il Benfica ha dimostrato ancora una volta come l’Inter cambi faccia appena si affaccia sulla Champions League rispetto alle partite di Serie A. Un approfondimento su quelli che possono essere i motivi di questo cambiamento, quasi radicale, è fatto dalla Gazzetta dello Sport, in edicola oggi.

“In campionato l’Inter ha subito 10 sconfitte in 29 giornate, alcune contro avversari di livello medio-basso come Udinese, Bologna, Empoli, Spezia. In Champions gli stop sono stati 2 in 9, nella fase a gruppi contro il Bayern Monaco, una delle candidate alla vittoria finale, almeno fino all’altra sera prima della batosta contro il Manchester City. Non c’è logica”.

“Per comprendere il bipolarismo interista, bisogna guardare al gioco e all’atteggiamento. Nella gran parte degli incontri di Serie A l’Inter è chiamata a far valere la propria superiorità, deve dimostrarla. È condannata a fare la partita, non può permettersi la strategia dell’attesa o del controllo ragionato. L’Inter di Simone Inzaghi, però, non è squadra portata al dominio assoluto. È massiccia, a tratti compassata. Ha bisogno dei suoi tempi e in Serie A soffre contro squadre arroccate a difesa dello 0-0 e pronte a sfruttare il momento giusto dello sbaglio o della sbavatura altrui per ripartire e colpire. In Champions l’Inter può cambiare pelle e beneficiare dei vantaggi che per natura appartengono agli sfavoriti. Non subisce lo stress della vittoria obbligata. Nella vigilia di Lisbona, la possibilità del pareggio veniva vagheggiata come una soluzione ideale. Per contro, l’1-1 di venerdì a Salerno era stato percepito come una sciagura immane”.

“In Champions i giocatori si motivano da sé, e nella fase a eliminazione diretta moltiplicano attenzione e concentrazione, perché sanno di avere addosso gli occhi di mezzo mondo. La Champions viene trasmessa ovunque ed è una vetrina globale, tale e quale un Mondiale. Una grande prestazione in Champions a primavera può fruttare in estate un trasferimento con ricco contratto. Oggi i giocatori sono imprenditori di se stessi, aziende individuali che ragionano in funzione dei propri interessi”.

“Nella speranza che nessuno si offenda, e nella certezza che tutti diranno di esprimersi sempre al massimo delle proprie possibilità, un conto è misurarsi con l’Empoli e l’Udinese e un altro con il Barcellona, il Porto e il Benfica. Qui forse si nasconde uno dei limiti di Simone Inzaghi. Un allenatore dovrebbe tenere la squadra sempre in tensione, obbligarla a scovare e a costruirsi le motivazioni in partite poco “attrattive”. Crediamo che Inzaghi sia mancato qui, che non sia riuscito a convincere il gruppo della necessità di essere famelici sempre, a prescindere dall’avversario”.